Mi chiamo Simone Bassani e sono nato 45 anni fa a Legnano dove ho ancora il mio centro operativo. Oltre a essere da più di vent’anni un fotografo professionista, mi occupo di comunicazione aziendale e consulenza in ambito fotografico.
Ho iniziato in qualità di assistente nella prima metà degli anni 90, collaborando con uno dei più importanti studi di Milano a molteplici campagne stampa nazionali e estere, gestendo poi in qualità di fotografo i miei clienti diretti in campagne stampa nazionali e estere sulle principali testate.
Dopo aver lasciato la fotografia di still life per dedicarmi alla formazione di fotoritoccatori per alcune aziende, mi sono specializzato nella consulenza grafica con particolare attenzione ai new media e alla gestione dell’immagine digitale. Ho consolidato nel corso del tempo il mio rapporto con Leica, con cui collaboro da oltre 10 anni.
Sono Leica Ambassador e docente della Leica Akademie Italy.
Quando hai iniziato a fotografare e perchè?
Si potrebbe dire che ho iniziato a 6 anni rubando la macchina fotografica di mia madre perché volevo ritrarre una torre di Parigi che sulla ghiera delle distanze indicava l’infinito, ma più propriamente le prime vere fotografie le ho realizzate a partire dall’età di 16 anni avendo l’opportunità di viaggiare e descrivere con le immagini ciò che mi colpiva. Perché ho iniziato a fotografare? Non lo so, sinceramente mi hanno sempre appassionato le attrezzature, la ricerca, la sperimentazione e l’interazione con il mondo che mi circonda, ma forse è stato più semplicemente un gioco divenuto passione e poi lavoro.
Il tuo / i tuoi generi fotografici?
Chiamatelo reportage di viaggio, travel photography o come preferite, ma dopo tanti anni chiuso in studio a fare fotografie di still life e food, mi sono reso conto che il mio interesse è nel guardare il mondo con gli occhi di un bambino. La fotografia di viaggio è sempre rimasta al centro delle mie attenzioni e ho da pochi anni ripreso alcuni progetti che avevo tenuto in sospeso. L’Himalaya indiano è uno di questi e vorrei concluderlo il prossimo anno.
La tua giornata tipo?
Mi sveglio e faccio mente locale sui lavori da organizzare, dopo essere entrato nel mondo dei vivi, circa un’ora e mezza, faccio un brief con i clienti per le lavorazioni in scadenza durante la giornata, quindi inizio a lavorare davanti al computer, pianificare o studiare. Fotografo quando devo, respiro quando posso e lavoro quasi sempre, ma sinceramente da molto tempo ho compreso che un fotografo, un grafico o un libero professionista in generale non può mai sapere cosa accadrà nella sua giornata.
Puoi raccontarci la fotografia più importante della tua carriera o quella a cui tieni di più?
La fotografia che conservo con maggior affetto è un’immagine di Marco Pantani all’Alpe d’Huez nel 1994. Arrivammo di notte con le strade chiuse, al mattino ero quasi tentato di abbandonare il progetto pensando fosse difficile ottenere una fotografia interessante, ma scendendo il passo trovai una curva con un buon dislivello, nuvole basse, il pubblico sullo sfondo, vidi passare alcuni ciclisti e decisi: 21mm, Leica R-4sII con motor winder e via. Sapevo che sarebbero stati lenti, concentrati e avrebbero guardato la fine della curva. Il soggetto prescelto era Gianni Bugno, ma quel giorno ci fu una prestazione sensazionale di Marco Pantani e la fortuna volle che l’immagine si concretizzò proprio mentre scattavo. L’avevo preparata, studiata, vista, ma non sapevo se sarebbe mai venuta così come la volevo. Quando la vidi sul negativo rimasi colpito. E’ l’immagine che più mi affascina proprio perché ho avuto la fortuna di coglierla mentre si concretizzava e ritrae un campione indiscusso in un’impresa di livello assoluto.
Cosa c’è dentro la tua borsa fotografica?
Iniziamo col dire che ho qualche borsa fotografica ma le tre che preferisco sono la Filson McCurry, l’immortale Domke F2 e la Wotancraft Messenger. Di solito porto con me la Wotancraft all’interno della quale non mancano mai le mie fidate Nitecore EC-20 e Leica Q oltre a un set di schedine, batterie di scorta, iPhone con applicativi necessari, Moleskine reporter, un Color Checker e qualche accessorio. Nei viaggi impegnativi tendo a scegliere la Filson McCurry con Leica T e i suoi zoom 11-23 e 55-135 (in alternativa a volte Leica SL con 24-90 e 90-280) oltre a un flash con diffusore Gary Fong, trascriver, un pannellino riflettente, il mio iPad con le app necessarie, un cavalletto “sacrificabile”, un pannello LED e altri accessori assortiti.
Cosa pensi di aggiungere a breve nella borsa e cosa invece pensi di dare via?
Dovendomi dedicare a un progetto impegnativo penso di aggiungere in modo stabile una Leica SL con 24-90 e 90-280 e il mio amato SUMMILUX-R 80mm f/1,4 e dare via… mmm perché dare via qualcosa? Mi affeziono facilmente!
Il sito di fotografia che visiti più spesso?
www.lab.leica-camera.it, ovviamente… 😉
Grazie Simone!
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